lunedì 8 aprile 2013

BHK: strumento di valutazione della grafia

Per la valutazione della qualità della scrittura uno degli strumenti più conosciuti è la scala BHK degli studiosi olandesi Hamstra-Bletz e Blöte (1993).
Hamstra-Bletz e Blöte ritengono che il normale percorso evolutivo della scrittura subisca delle modifiche durante il percorso di scolarizzazione. Una normale evoluzione non sembra essere presente nei bambini disgrafici che, pur avendo un grado di istruzione e di esercizio pratico adeguato, anziché produrre un'accettabile grafia, presentano un tracciato incerto, inadeguato rispetto alla forma e dimensione dei caratteri grafici.
Hamstra-Bletz, Blöte hanno elaborato una griglia di valutazione della morfologia grafica dei bambini prendendo come riferimenti principali la qualità morfologica dei segni e la spaziatura dei grafemi. Tale scala prende il nome di BHK ed analizza 13 parametri che permettono d'individuare le caratteristiche dell'atto grafico identificando l'eventuale presenza di disgrafia.
Tali parametri sono:
  1. grandezza della scrittura;
  2. margine sinistro non allineato;
  3. andamento altalenante della linea di scrittura: lettere o parole mal allineate, i grafemi di una parola non sono allineati su una linea orizzontale, ma al di sopra o al di sotto di essa;
  4. spazio insufficiente tra le parole: lo spazio tra i grafemi risulta essere talmente ridotto che il grafema terminale e quello iniziale di una parola risultano adiacenti o quasi uniti;
  5. angoli acuti o collegamenti allungati tra le lettere;
  6. collegamenti interrotti tra le lettere: pause nella traccia o assenza di collegamenti tra le lettere;
  7. collisione tra le lettere a causa della ridotta distanza: i due grafemi risultano così tangenti o sovrapposti;
  8. irregolarità della grandezza delle lettere: i grafemi risultano o troppo alti o troppo bassi rispetto alle dimensioni di riferimento (0,5 cm per i grafemi senza estensione e 1 cm per i grafemi con estensione);
  9. misura incoerente tra lettere con e senza estensione in altezza;
  10. lettere atipiche: deformazione delle lettere rispetto alla loro forma convenzionale;
  11. forme ambigue delle lettere da un punto di vista morfologico così da poter essere confuse con altre;
  12. lettere ritoccate o ricalcate non per correzione ortografica, ma per migliorarne la forma;
  13. traccia instabile, scrittura incerta o tremolante.

Il BHK fu ideato per l'analisi dei parametri grafici di bambini olandesi e si è quindi presentata la necessità di adattare tale strumento alla popolazione italiana che presenta insegnamento e tipologia di codice linguistico differente.
Esempio di somministrazione del testo utilizzato per la valutazione della grafia nel BHK.
Viene utilizzato con i bambini tra il 2° e 5° anno di scuola primaria e valuta la velocità (lento, adeguato, veloce) e la qualità di scrittura (disgrafico, non disgrafico).
La prova consiste nella presentazione di un testo standard da copiare su un foglio bianco; il testo presentato è da copiare in corsivo, viene quendi chiesta al bambino anche la conoscenza di tale grafia. La complessità del testo è graduata: si parte da parole con configurazione sillabica semplice per proseguire poi con strutture sempre più complesse.
Oltre ai parametri sopra evidenziati si misura il tempo di realizzazione del testo.
Si danno 5 minuti per la copiatura dopodiché ci si ferma; se però non sono state copiate almeno le prime cinque righe, sulle quali si basa l'analisi qualitativa del tratto grafico, si aspetta finché il bambino non termina la quinta riga e si segna poi il tempo finale impiegato.
La velocità di scrittura si calcola in base al numero di lettere scritte in 5 minuti e si confronta poi il punteggio della tabella standardizzata di riferimento.
Per quanto riguarda i 13 parametri analizzati il punteggio che vi si assegna è un punteggio d'errore ovvero, più alto è il punteggio, peggiore è la prestazione grafica.
Il BHK risulta essere uno strumento valido che da risultati attendibili, per questo viene utilizzato per l'analisi del tratto grafico di bambini appartenenti a differenti popolazioni.

mercoledì 13 febbraio 2013

Piano Didattico Personalizzato (PDP)



PDP (Piano Didattico Personalizzato)= documento scolastico, precedentemente definito con la sigla PEP (Piano Educativo Personalizzato), strutturato da insegnanti per bambini con diagnosi di DSA, ADHD, Autismo… Gli insegnati scrivono in esso le strategie strumentali compensative e dispensative da adottare con quel bambino nelle verifiche e nello studio. Il programma deve essere individualizzato per il bambino, molto mirato in quanto ci possono essere diverse funzioni deficitarie. Va inoltre revisionato sulla base degli insegnamenti e dello studente man mano che il bambino evolve, che le materie e le competenze richieste cambiano. Vengono diversificati solo gli strumenti per l’apprendimento, non i contenuti che devono risultare gli stessi dei compagni di classe.
Tale documento, steso in qualsiasi momento dell’anno quando viene fatta la diagnosi, accompagna l’alunno in tutto il suo percorso scolastico, anche all’esame di stato, all’esame della patente, al test d’ingrasso all’università, ai concorsi pubblici …
Per la strutturazione del PDP vengono coinvolti:
  • lo studente;
  • il consiglio di classe che si riunisce, legge la relazione clinica e valuta gli strumenti dispensativi e compensativi da adottare a seconda del caso;
  • il referente delle dislessia (solitamente si tratta di un insegnate che ha fatto un corso specifico sui DSA);
  • il clinico; 
  •  i genitori dell’alunno in quanto suoi tutori che prendono visione del PDP e devono essere d’accordo.
Cosa fare? La famiglia chiede un appuntamento col dirigente scolastico al quale consegna i documenti con la diagnosi da parte del clinico e chiede che la documentazione venga protocollata. La relazione viene timbrata e una copia la tiene la famiglia. Viene quindi comunicato il tutto al consiglio d’istituto e si predispone il consiglio di classe per leggere la relazione. Con l’aiuto del referente per la dislessia ed un modello di PDP si valuta il bambino e le sue caratteristiche e si compila il Piano Didattico Personalizzato. I genitori infine vanno dal dirigente che protocolla il tutto e poi a parlare con gli insegnanti in modo da essere certi che siano informati sulla situazione.
Si vede insieme quello che si farà con il bambino, l’insegnate raccoglie informazioni del bambino ed ogni docente mette le sue valutazioni riguardo alla materia insegnata e gli strumenti dispensativi e/o compensativi che intende adottare.
Le copie del PDP devono essere 3:
  1. nel fascicoli scolastico dell’alunno;
  2. nel verbale di classe;
  3. alla famiglia che lo porta a casa, lo legge e lo valuta con il figlio; se va bene lo firma, altrimenti lo riporta a scuola dove il consiglio di classe lo rivede ed apporta modifiche. La famiglia non è tenuta a firmare il documento se non lo approva.
Quando il ragazzo si trova ad affrontare gli esami di stato si valuta se c’è la necessità di modificare il PDP e in caso lo si rifà per iscritto. Le prove restano uguali, semplicemente si adottando diverse strategie.

martedì 5 febbraio 2013

Teorie sullo sviluppo del linguaggio

1. PIAGET
Secondo Piaget, il linguaggio fa parte delle funzioni simboliche umane insieme ad altri processi dell’attività rappresentativa.
Es: disegno, imitazione differita, gioco simbolico, immagini mentali…

Ma da altri punti di vista, come quelli della linguistica e della neuro psicologia, il linguaggio ha una sua specificità funzionale.

Il linguaggio ha complesse relazioni con i processi
  • di pensiero
  • con quelli relazionali
  • e con la vita emotiva – Rappresenta un passo importante il momento in cui il bambino comincia a esprimere i propri stati emotivi.
Piaget distingue il linguaggio egocentrico (quel linguaggio in cui il bambino si esprime parlando più a se stesso che non ad altri e comunque senza tener conto del punto di vista del suo interlocutore o delle persone presenti che lo sentono) dal linguaggio socializzato (il linguaggio, invece, rivolto alle persone presenti e che tiene conto dell’interlocutore) e descrive lo sviluppo del linguaggio come il passaggio dall’uno all’altro. Questo egocentrismo linguistico dipende, secondo Piaget, dal generale egocentrismo cognitivo, in quanto esso si manifesta anche in altri ambiti del comportamento infantile.

E’ importante non solo lo sviluppo delle competenze linguistiche, ma anche l’acquisizione delle capacità di usarle in modo socialmente appropriato: Competenza pragmatica. Capacità che permette al bambino di adeguare il discorso all’interlocutore (quindi a seconda che parli con un adulto o con un coetaneo).


2. VYGOTSKIJ
Secondo questo autore, a differenza di Piaget, il linguaggio è socializzato sin dall’inizio e, anzi, egli vede proprio nel rapporto sociale la nascita sia del linguaggio che della cognizione. Considera, viceversa, il linguaggio egocentrico come una manifestazione linguistica che insorge nel momento in cui l’individuo deve trovare soluzioni a problemi. Sempre secondo Vygotskij, linguaggio e pensiero nascono inizialmente come capacità distinte e solo in un secondo momento queste due strade separate si incontrano. Questo punto di incontro avviene con la capacità simbolica, nel momento in cui un significato viene verbalizzato, visto che il punto di incontro fra pensiero e parole si trova precisamente nel significato.


3. TEORIE ASSOCIAZIONISTE
Alla base dell’acquisizione del linguaggio vi sono processi di tipo imitativo e associativo. Il comportamentismo (Skinner) sostenne che ha un ruolo cruciale il rinforzo cioè l’approvazione espressa dall’adulto per le forme progressivamente più precise del linguaggio infantile. Con l’osservazione e l’imitazione i bambini imparerebbero ad associare una parola con un oggetto o un evento. Si tratta di una concezione semplicistica.


4. CONCEZIONE STRUTTURALE INNATISTA
Noam Chomsky (1965) nega che imitazione e rinforzo siano i meccanismi responsabili di questo importante processo. Egli, con il supporto della ricerca linguistica, mostrò che il linguaggio è troppo complesso per essere appreso con meccanismi così semplici. La mente umana è biologicamente predisposta all’acquisizione del linguaggio. Esiste cioè un dispositivo innato per questo scopo.

I bambini attivamente scoprono, verificano ed elaborano le regole del linguaggio, partendo da quelle più semplici, sulla base di conoscenze innate sulla natura del linguaggio.
Non dobbiamo pensare che il bambino acquisisca il linguaggio soltanto attraverso esperienze di tipo linguistico. Egli lo acquisisce attraverso molte forme di interazione precoce con gli adulti che si occupano di lui.


5. LA PROSPETTIVA INTERAZIONISTA
Jerome Bruner considera i processi trascurati dalla teoria strutturale-innatista:
le esperienze comunicative
la conoscenza sociale del mondo
i rapporti tra linguaggio e pensiero

Molte ricerche mostrano come la qualità dell’interazione adulto-bambino e i processi preverbali siano effettivamente rilevanti per promuovere l’acquisizione del linguaggio.
Questo perché la comunicazione si stabilisce prima del linguaggio, collegandosi alle esperienze relazionali che il bambino vive con chi si occupa di lui.

Fra queste interazioni sono rilevanti
  • L’attenzione condivisa
Bambino e adulto condividono l’attenzione su un oggetto od evento. L’attenzione condivisa è facilitata dal gesto dell’indicare (gesto comunicativo)
  • L’indicare
L’oggetto o l’evento possono essere indicati, in un primo tempo dall’adulto (invito alla condivisione dell’attenzione) poi dal bambino. Sono gesti deiettici che esprimono un’intenzione comunicativa.

Altre prime forme comunicative
  • I gesti di saluto (ciao-ciao)
  • I giochi di scambio (dare-prendere) – (6-12 mesi) Il bimbo da una cosa alla madre e la madre lo ridà al bimbo
  • Gioco del cucù (precursore del nascondino)
Hanno un ruolo centrale la disposizione dell’adulto (madre) a considerare il bambino fin dai primi mesi come una persona e un interlocutore anche quando egli non è ancora in grado di cogliere il significato di ciò che si dice.
L’interazione verbale faccia a faccia è molto importante, perché permette al bimbo di percepire i segnali di tipo mimico dal volto della madre, così come l’assunzione di turni (turn-talking) nei giochi che possono accompagnare questa interazione.

Più tardi nell’infanzia la crescita del linguaggio può essere favorita da altre interazioni con l’adulto, come
  • Guardare un libro illustrato e “leggerlo” insieme
  • La narrazione di storie
  • Fare in modo che impari a collegare schemi con parole
Vari fattori nei contesti relazionali e socioculturali possono agevolare o rendere più lento e meno articolato lo sviluppo del linguaggio, già nei primi tre anni.

Possibile svantaggio
  • Fattori di ordine socioeconomico e culturale (Parisi, 1978)
Es: Disponibilità (anche emotiva) dell’adulto di cogliere i segnali che il bambino trasmette
  • Disagi relazionali (elevato stress familiare) che rendono più difficile la disponibilità dei genitori
Es: Elevata conflittualità tra i genitori

Conseguenze possibili
  • Sviluppo più lento del linguaggio
  • Minore ampiezza del vocabolario
  • Minore articolazione e complessità delle frasi (meno proposizioni subordinate)

lunedì 4 febbraio 2013

MODELLO DI HAYES E FLOWER (1980)


Tale modello fu sviluppato negli anni ’80 dagli studiosi J.R.Hayes e L.S.Flower con lo scopo di identificare l’organizzazione dei vari passaggi che avvengono nel processo di scrittura.


Tale modello riguarda il processo di scrittura come componente motoria e come produzione di frasi/ parole.

Ora vediamo più nel dettaglio i vari passaggi.

Si parte da un contesto del compito di scrittura in cui il bambino genera frasi. In questo primo passaggio interviene la capacità del bambino di pianificare ed organizzare in ordine sequenziale quello che vuole scrivere, definendo: l’argomento da trattare, il destinatario e la sua motivazione a scrivere. Possiamo quindi dire che in questo primo passaggio vengono definiti dei criteri specifici.
Con l’inizio della generazione del testo si attiva anche la memoria lungo termine (MLT) che permette di accedere a tutte quelle conoscenze possedute dallo scrivente riguardo all’argomento, al destinatario e alle conoscenze lessicali, semantiche e morfosintattiche (vari paini di scrittura).
Durante il processo di scrittura che risulta essere ben pianificato, ovvero con una organizzazione strutturata e criteri specifici, avviene un costante processo di rilettura e correzione del testo.
Al termine dello scritto si attua un processo di controllo finale per verificare di non essere usciti dagli schemi. In tutto questo processo di controllo si attiva l'intelligenza.

Nonostante sembri il compito di scrittura sembri molto semplice esso è un processo veramente complesso che richiede l’attivazione di vari sistemi e l’impiego di molte energie.

sabato 5 gennaio 2013

La valigia della parole

Molti bambini che presentano un disturbo specifico d'apprendimento hanno alle spalle un ritardo di linguaggio o un disturbo specifico di linguaggio, magari sottovalutato ed irrisolto.
In seguito, con l'inizio della scuola elementare, il problema non risolto o superato parzialmente porta a delle difficoltà nello sviluppo della letto-scrittura e/o del calcolo.
Un metodo per far si che il bambino superi nel migliore dei modi queste difficoltà è aiutarlo nell'ampliamento lessicale.
Ecco perché parlo della "valigia delle parole".
Come funziona questo gioco? Prendiamo una valigetta e dentro ci mettiamo degli oggetti possibilmente classificati per categorie, cosa significa? Facciamo un esempio: decidiamo insieme a Davide di creare la valigetta dei cibi e dentro ad essa ci inseriamo tutti gli alimenti che ci vengono in mente; in un secondo momento possiamo dividere i cibi in sacchettini che metteremo all'interno della valigia e chiameremo sub-categorie, come ad esempio cibi dolci, salati, frutta, verdura, latticini etc...
Il bambino pian piano giocando con la valigia inizierà a riconoscere le caratteristiche dei vari cibi, il loro nome specifico e il nome delle varie parti che costituiscono l'alimento (Esempio: la mela è costituita da: buccia, polpa, picciolo, semi..).
Ci sono bambini che magari conoscono un alimento in quanto lo hanno già visto e mangiato ma non lo sanno nominare, ne categorizzare.
La valigia si può fare con gli oggetti quando il bambino è in età prescolastica per aiutarlo ad ampliare il vocabolario e poi con l'ingresso a scuola sarebbe bene creare delle carte con varie immagini da inserire nella valigetta e sotto ogni figura scrivere il nome di ciò che rappresenta in stampatello. La scritta sotto riportata permette al bambino pian piano di associare a quell'immagine-parola una stringa grafemica.

mercoledì 2 gennaio 2013

Genitori stranieri con un figlio con disturbo o ritardo di linguaggio

Vi siete mai trovati di fronte a un coppia di genitori provenienti da un altro paese che portavano loro figlio per una valutazione per un dubbio disturbo di linguaggio? E poi alla fine della seduta vi facevano la domanda: “ma che lingua posso parare con mio figlio? Devo parlare l'italiano o la mia lingua madre?”.

A riguardo si sono sviluppate due principali correnti di pensiero:
  • una prima dice di evitare la lingua madre in modo che il bambino sentendo sempre e solo parlare la lingua dello stato ove risiede ora sia agevolato nell'apprendimento linguistico;
  • poi c'è una seconda opinione a riguardo che afferma che se i genitori del bambino parlano la lingua dello stato ospitante in modo stentato e facendo molti errori fonetico-fonologici, lessicali-semantici e morfo-sintattici è meglio per il bambino che i genitori continuino a parlare la lingua che hanno sempre parlato.
Dal mio punto di vista se i genitori si sentono maggiormente a loro agio a parlare la lingua d'origine è opportuno che continuino a fare ciò e che si affidino ad un esperto per lo sviluppo linguistico del bambino.
L'esperto, inoltre, sarà in grado di dare indicazioni precise su modalità d'interazione adeguate che vadano a stimolare l'interesse comunicativo del bambino. Tali suggerimenti potranno poi essere adottati dal genitore nello svolgimento di attività quotidiane di interazione comunicativa col figlio.

venerdì 28 dicembre 2012

ELLM: Esame del Linguaggio al Letto del Malato

L'esame del linguaggio al letto del malato (ELLM) è nato dalla necessità di avere a portata di mano un test di rapida e facile somministrazione (20-30 minuti) che consentisse di valutare il linguaggio del paziente post ictus in fase acuta (Autori: Giuseppa Allibrio, M. Antonella Gori, Grazia Signorini e Claudio Luzzatti).

Tale test standardizzato presenta un insieme di prove che vanno a valutare la produzione e la comprensione del soggetto nei primi giorni dall’insorgenza del deficit linguistico, ovvero quando il soggetto solitamente non è ancora in grado di mantenere la posizione seduta di fronte ad un tavolo e presenta difficoltà attentive e poca motivazione.
Con la somministrazione di tale test si ha la possibilità di fare una prima ipotesi diagnostica.
Inoltre, risulta essere anche utile per un follow-up nel corso della prima settimana dall’insorgenza, prima che vengano somministrate batterie più specifiche per la definizione di un piano riabilitativo mirato (ad esempio AAT, BADA, ENPA).

Le prove che troviamo al suo interno sono:
  1. LINGUAGGIO SPONTANEO: in 3-4 minuti viene valutato il comportamento verbale interattivo del soggetto; gli si chiede di raccontare come mai è qua e che cosa è successo dando per i primi 2 minuti la massima libertà di espressione e poi facendo domande generiche e man mano più specifiche. Alla fine si fa la valutazione di quanto prodotto secondo 6 parametri: abilità comunicative, articolazione e prosodia, linguaggio automatico, lessico e semantica, fonologia emorfo-sintassi.
  2. LINGUAGGIO SERIALE: numeri da 1 a 10, giorni della settimana e mese dell’anno, dando se necessario un input iniziale al soggetto.
  3. DENOMINAZIONE ORALE di oggetti e verbi.
  4. DESCRIZIONE DI UNA FIGURA COMPLESSA per valutare la capacità del soggetto di analisi di un immagine, se si limita alla denominazione o se vengono strutturate delle frasi.
  5. COMPRENSIONE UDITIVA di parole (vengono disposti davanti al soggetto otto oggetti) e di frasi (si chiede al soggetto di svolgere delle azioni con gli oggetti).
  6. RIPETIZIONE di parole e frasi con diverso gradi di difficoltà fonologica ed articolatoria.
  7. LETTURA a voce alta di parole e frasi di diversa lunghezza.
  8. SCRITTURA del nome, del cognome, denominazione scritta di immagini e dettato di parole
  9. APRASSIE BUCCO-FACCIALI
  10. APRASSIE IDEOMOTORIE
Ad ogni prova corrisponderà un punteggio che, confrontato con i punteggi normativi definiti per età e livello di istruzione, potrà classificare il soggetto nella fascia di normalità o di deficit.
Tutte le risposte normative verranno quindi trascritte sul protocollo d’esame tenendo conto delle latenze, correzioni spontanee ed altri fenomeni qualitativi tipici del disturbo afasico. Nelle varie prove ogni item verrà valutato lungo una scala di punteggio che va da 0 a 3, fatta eccezione della produzione spontanea e della descrizione di figura complessa che richiedono un’analisi più accurata.
Qui di seguito riporto il link ove trovare il protocollo e scheda di somministrazione.