mercoledì 13 febbraio 2013

Piano Didattico Personalizzato (PDP)



PDP (Piano Didattico Personalizzato)= documento scolastico, precedentemente definito con la sigla PEP (Piano Educativo Personalizzato), strutturato da insegnanti per bambini con diagnosi di DSA, ADHD, Autismo… Gli insegnati scrivono in esso le strategie strumentali compensative e dispensative da adottare con quel bambino nelle verifiche e nello studio. Il programma deve essere individualizzato per il bambino, molto mirato in quanto ci possono essere diverse funzioni deficitarie. Va inoltre revisionato sulla base degli insegnamenti e dello studente man mano che il bambino evolve, che le materie e le competenze richieste cambiano. Vengono diversificati solo gli strumenti per l’apprendimento, non i contenuti che devono risultare gli stessi dei compagni di classe.
Tale documento, steso in qualsiasi momento dell’anno quando viene fatta la diagnosi, accompagna l’alunno in tutto il suo percorso scolastico, anche all’esame di stato, all’esame della patente, al test d’ingrasso all’università, ai concorsi pubblici …
Per la strutturazione del PDP vengono coinvolti:
  • lo studente;
  • il consiglio di classe che si riunisce, legge la relazione clinica e valuta gli strumenti dispensativi e compensativi da adottare a seconda del caso;
  • il referente delle dislessia (solitamente si tratta di un insegnate che ha fatto un corso specifico sui DSA);
  • il clinico; 
  •  i genitori dell’alunno in quanto suoi tutori che prendono visione del PDP e devono essere d’accordo.
Cosa fare? La famiglia chiede un appuntamento col dirigente scolastico al quale consegna i documenti con la diagnosi da parte del clinico e chiede che la documentazione venga protocollata. La relazione viene timbrata e una copia la tiene la famiglia. Viene quindi comunicato il tutto al consiglio d’istituto e si predispone il consiglio di classe per leggere la relazione. Con l’aiuto del referente per la dislessia ed un modello di PDP si valuta il bambino e le sue caratteristiche e si compila il Piano Didattico Personalizzato. I genitori infine vanno dal dirigente che protocolla il tutto e poi a parlare con gli insegnanti in modo da essere certi che siano informati sulla situazione.
Si vede insieme quello che si farà con il bambino, l’insegnate raccoglie informazioni del bambino ed ogni docente mette le sue valutazioni riguardo alla materia insegnata e gli strumenti dispensativi e/o compensativi che intende adottare.
Le copie del PDP devono essere 3:
  1. nel fascicoli scolastico dell’alunno;
  2. nel verbale di classe;
  3. alla famiglia che lo porta a casa, lo legge e lo valuta con il figlio; se va bene lo firma, altrimenti lo riporta a scuola dove il consiglio di classe lo rivede ed apporta modifiche. La famiglia non è tenuta a firmare il documento se non lo approva.
Quando il ragazzo si trova ad affrontare gli esami di stato si valuta se c’è la necessità di modificare il PDP e in caso lo si rifà per iscritto. Le prove restano uguali, semplicemente si adottando diverse strategie.

martedì 5 febbraio 2013

Teorie sullo sviluppo del linguaggio

1. PIAGET
Secondo Piaget, il linguaggio fa parte delle funzioni simboliche umane insieme ad altri processi dell’attività rappresentativa.
Es: disegno, imitazione differita, gioco simbolico, immagini mentali…

Ma da altri punti di vista, come quelli della linguistica e della neuro psicologia, il linguaggio ha una sua specificità funzionale.

Il linguaggio ha complesse relazioni con i processi
  • di pensiero
  • con quelli relazionali
  • e con la vita emotiva – Rappresenta un passo importante il momento in cui il bambino comincia a esprimere i propri stati emotivi.
Piaget distingue il linguaggio egocentrico (quel linguaggio in cui il bambino si esprime parlando più a se stesso che non ad altri e comunque senza tener conto del punto di vista del suo interlocutore o delle persone presenti che lo sentono) dal linguaggio socializzato (il linguaggio, invece, rivolto alle persone presenti e che tiene conto dell’interlocutore) e descrive lo sviluppo del linguaggio come il passaggio dall’uno all’altro. Questo egocentrismo linguistico dipende, secondo Piaget, dal generale egocentrismo cognitivo, in quanto esso si manifesta anche in altri ambiti del comportamento infantile.

E’ importante non solo lo sviluppo delle competenze linguistiche, ma anche l’acquisizione delle capacità di usarle in modo socialmente appropriato: Competenza pragmatica. Capacità che permette al bambino di adeguare il discorso all’interlocutore (quindi a seconda che parli con un adulto o con un coetaneo).


2. VYGOTSKIJ
Secondo questo autore, a differenza di Piaget, il linguaggio è socializzato sin dall’inizio e, anzi, egli vede proprio nel rapporto sociale la nascita sia del linguaggio che della cognizione. Considera, viceversa, il linguaggio egocentrico come una manifestazione linguistica che insorge nel momento in cui l’individuo deve trovare soluzioni a problemi. Sempre secondo Vygotskij, linguaggio e pensiero nascono inizialmente come capacità distinte e solo in un secondo momento queste due strade separate si incontrano. Questo punto di incontro avviene con la capacità simbolica, nel momento in cui un significato viene verbalizzato, visto che il punto di incontro fra pensiero e parole si trova precisamente nel significato.


3. TEORIE ASSOCIAZIONISTE
Alla base dell’acquisizione del linguaggio vi sono processi di tipo imitativo e associativo. Il comportamentismo (Skinner) sostenne che ha un ruolo cruciale il rinforzo cioè l’approvazione espressa dall’adulto per le forme progressivamente più precise del linguaggio infantile. Con l’osservazione e l’imitazione i bambini imparerebbero ad associare una parola con un oggetto o un evento. Si tratta di una concezione semplicistica.


4. CONCEZIONE STRUTTURALE INNATISTA
Noam Chomsky (1965) nega che imitazione e rinforzo siano i meccanismi responsabili di questo importante processo. Egli, con il supporto della ricerca linguistica, mostrò che il linguaggio è troppo complesso per essere appreso con meccanismi così semplici. La mente umana è biologicamente predisposta all’acquisizione del linguaggio. Esiste cioè un dispositivo innato per questo scopo.

I bambini attivamente scoprono, verificano ed elaborano le regole del linguaggio, partendo da quelle più semplici, sulla base di conoscenze innate sulla natura del linguaggio.
Non dobbiamo pensare che il bambino acquisisca il linguaggio soltanto attraverso esperienze di tipo linguistico. Egli lo acquisisce attraverso molte forme di interazione precoce con gli adulti che si occupano di lui.


5. LA PROSPETTIVA INTERAZIONISTA
Jerome Bruner considera i processi trascurati dalla teoria strutturale-innatista:
le esperienze comunicative
la conoscenza sociale del mondo
i rapporti tra linguaggio e pensiero

Molte ricerche mostrano come la qualità dell’interazione adulto-bambino e i processi preverbali siano effettivamente rilevanti per promuovere l’acquisizione del linguaggio.
Questo perché la comunicazione si stabilisce prima del linguaggio, collegandosi alle esperienze relazionali che il bambino vive con chi si occupa di lui.

Fra queste interazioni sono rilevanti
  • L’attenzione condivisa
Bambino e adulto condividono l’attenzione su un oggetto od evento. L’attenzione condivisa è facilitata dal gesto dell’indicare (gesto comunicativo)
  • L’indicare
L’oggetto o l’evento possono essere indicati, in un primo tempo dall’adulto (invito alla condivisione dell’attenzione) poi dal bambino. Sono gesti deiettici che esprimono un’intenzione comunicativa.

Altre prime forme comunicative
  • I gesti di saluto (ciao-ciao)
  • I giochi di scambio (dare-prendere) – (6-12 mesi) Il bimbo da una cosa alla madre e la madre lo ridà al bimbo
  • Gioco del cucù (precursore del nascondino)
Hanno un ruolo centrale la disposizione dell’adulto (madre) a considerare il bambino fin dai primi mesi come una persona e un interlocutore anche quando egli non è ancora in grado di cogliere il significato di ciò che si dice.
L’interazione verbale faccia a faccia è molto importante, perché permette al bimbo di percepire i segnali di tipo mimico dal volto della madre, così come l’assunzione di turni (turn-talking) nei giochi che possono accompagnare questa interazione.

Più tardi nell’infanzia la crescita del linguaggio può essere favorita da altre interazioni con l’adulto, come
  • Guardare un libro illustrato e “leggerlo” insieme
  • La narrazione di storie
  • Fare in modo che impari a collegare schemi con parole
Vari fattori nei contesti relazionali e socioculturali possono agevolare o rendere più lento e meno articolato lo sviluppo del linguaggio, già nei primi tre anni.

Possibile svantaggio
  • Fattori di ordine socioeconomico e culturale (Parisi, 1978)
Es: Disponibilità (anche emotiva) dell’adulto di cogliere i segnali che il bambino trasmette
  • Disagi relazionali (elevato stress familiare) che rendono più difficile la disponibilità dei genitori
Es: Elevata conflittualità tra i genitori

Conseguenze possibili
  • Sviluppo più lento del linguaggio
  • Minore ampiezza del vocabolario
  • Minore articolazione e complessità delle frasi (meno proposizioni subordinate)

lunedì 4 febbraio 2013

MODELLO DI HAYES E FLOWER (1980)


Tale modello fu sviluppato negli anni ’80 dagli studiosi J.R.Hayes e L.S.Flower con lo scopo di identificare l’organizzazione dei vari passaggi che avvengono nel processo di scrittura.


Tale modello riguarda il processo di scrittura come componente motoria e come produzione di frasi/ parole.

Ora vediamo più nel dettaglio i vari passaggi.

Si parte da un contesto del compito di scrittura in cui il bambino genera frasi. In questo primo passaggio interviene la capacità del bambino di pianificare ed organizzare in ordine sequenziale quello che vuole scrivere, definendo: l’argomento da trattare, il destinatario e la sua motivazione a scrivere. Possiamo quindi dire che in questo primo passaggio vengono definiti dei criteri specifici.
Con l’inizio della generazione del testo si attiva anche la memoria lungo termine (MLT) che permette di accedere a tutte quelle conoscenze possedute dallo scrivente riguardo all’argomento, al destinatario e alle conoscenze lessicali, semantiche e morfosintattiche (vari paini di scrittura).
Durante il processo di scrittura che risulta essere ben pianificato, ovvero con una organizzazione strutturata e criteri specifici, avviene un costante processo di rilettura e correzione del testo.
Al termine dello scritto si attua un processo di controllo finale per verificare di non essere usciti dagli schemi. In tutto questo processo di controllo si attiva l'intelligenza.

Nonostante sembri il compito di scrittura sembri molto semplice esso è un processo veramente complesso che richiede l’attivazione di vari sistemi e l’impiego di molte energie.