sabato 5 gennaio 2013

La valigia della parole

Molti bambini che presentano un disturbo specifico d'apprendimento hanno alle spalle un ritardo di linguaggio o un disturbo specifico di linguaggio, magari sottovalutato ed irrisolto.
In seguito, con l'inizio della scuola elementare, il problema non risolto o superato parzialmente porta a delle difficoltà nello sviluppo della letto-scrittura e/o del calcolo.
Un metodo per far si che il bambino superi nel migliore dei modi queste difficoltà è aiutarlo nell'ampliamento lessicale.
Ecco perché parlo della "valigia delle parole".
Come funziona questo gioco? Prendiamo una valigetta e dentro ci mettiamo degli oggetti possibilmente classificati per categorie, cosa significa? Facciamo un esempio: decidiamo insieme a Davide di creare la valigetta dei cibi e dentro ad essa ci inseriamo tutti gli alimenti che ci vengono in mente; in un secondo momento possiamo dividere i cibi in sacchettini che metteremo all'interno della valigia e chiameremo sub-categorie, come ad esempio cibi dolci, salati, frutta, verdura, latticini etc...
Il bambino pian piano giocando con la valigia inizierà a riconoscere le caratteristiche dei vari cibi, il loro nome specifico e il nome delle varie parti che costituiscono l'alimento (Esempio: la mela è costituita da: buccia, polpa, picciolo, semi..).
Ci sono bambini che magari conoscono un alimento in quanto lo hanno già visto e mangiato ma non lo sanno nominare, ne categorizzare.
La valigia si può fare con gli oggetti quando il bambino è in età prescolastica per aiutarlo ad ampliare il vocabolario e poi con l'ingresso a scuola sarebbe bene creare delle carte con varie immagini da inserire nella valigetta e sotto ogni figura scrivere il nome di ciò che rappresenta in stampatello. La scritta sotto riportata permette al bambino pian piano di associare a quell'immagine-parola una stringa grafemica.

mercoledì 2 gennaio 2013

Genitori stranieri con un figlio con disturbo o ritardo di linguaggio

Vi siete mai trovati di fronte a un coppia di genitori provenienti da un altro paese che portavano loro figlio per una valutazione per un dubbio disturbo di linguaggio? E poi alla fine della seduta vi facevano la domanda: “ma che lingua posso parare con mio figlio? Devo parlare l'italiano o la mia lingua madre?”.

A riguardo si sono sviluppate due principali correnti di pensiero:
  • una prima dice di evitare la lingua madre in modo che il bambino sentendo sempre e solo parlare la lingua dello stato ove risiede ora sia agevolato nell'apprendimento linguistico;
  • poi c'è una seconda opinione a riguardo che afferma che se i genitori del bambino parlano la lingua dello stato ospitante in modo stentato e facendo molti errori fonetico-fonologici, lessicali-semantici e morfo-sintattici è meglio per il bambino che i genitori continuino a parlare la lingua che hanno sempre parlato.
Dal mio punto di vista se i genitori si sentono maggiormente a loro agio a parlare la lingua d'origine è opportuno che continuino a fare ciò e che si affidino ad un esperto per lo sviluppo linguistico del bambino.
L'esperto, inoltre, sarà in grado di dare indicazioni precise su modalità d'interazione adeguate che vadano a stimolare l'interesse comunicativo del bambino. Tali suggerimenti potranno poi essere adottati dal genitore nello svolgimento di attività quotidiane di interazione comunicativa col figlio.